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Cap. 6 - VILLA GIUSEPPE FACCANONI (1907)

Indirizzo: Via Vittorio Veneto, 56 Sarnico BG

Cenni storico-artistici

Una bella descrizione della vita di Giuseppe Faccanoni si trova in "Faccanoni" di Antonio Giorgi che scrive "Giuseppe Faccanoni era il tipico signore della "Belle Epoque". Bell'uomo, di portamento distinto che si notava subito per l’eleganza aveva girato molto per l'Europa e conosceva moltissime persone di rango. È nato a Savona, il 5 novembre 1863. Ha poi collaborato con i fratelli e con gli altri parenti, hanno eseguito grandi lavori nel territorio dell'ex Impero Austro Ungarico. Uomo d'affari, abile e preciso, è stato sempre un elemento prezioso, un sostegno efficace per tutte le imprese Faccanoni. Uomo sportivo e appassionato di nautica. Pur conservando sempre una casa a Milano, si era ritirato nella sua splendida villa di Sarnico, costruita nel 1907.
Anch'egli, infatti, come i fratelli Pietro e Luigi, si era rivolto al grande architetto milanese Giuseppe Sommaruga, per farsi costruire una villa sul lago di Iseo. La scelta del luogo, l'orientamento dell'edificio, che vede il lago longitudinalmente, si impongono subito anche al profano. Giuseppe Faccanoni ha convissuto con Maria Fabbro, morta a soli 35 anni, sepolta nel Mausoleo. Poi ha deciso di rifarsi la vita sposandosi all'età di 51 anni a Milano con Alessandra Riccardi.
Hanno avuto due figlie (Liliana e Jolanda Faccanoni). Liliana ha salvato la vecchia villa del Sommaruga (tanto cara a suo padre) e l'ha restaurata dopo l'occupazione militare tedesca degli ultimi anni di guerra. Allo scopo di conservare il cognome Faccanoni, la zia Liliana nel 1979 ha ottenuto dal Tribunale di Bergamo l'adozione del nipote Giuseppe Marco Tobias".(..) Il Giorgi ricorda nel suo libro di aver visto il film da bambino "Crevalcore" con lo sfondo della villa del regista Romolo Bacchini e prodotto dalla Armenia Film di Milano nel 1917 con gli attori di allora Italia Almirante Manzini, Gigi Armandis, Giuletta Dé Riso, Luigi Duse ecc. Il soggetto era stato tratto dal popolare omonimo romanzo pubblicato nel 1907 da Neera." Altri film in cui la villa compare, tra gli altri, sono “Sabato, Domenica e Venerdì” di Adriano Cementano e “Le Ali della Farfalla” di Marco Bellocchio.
È indubbiamente l'opera (insieme al Mausoleo) più conosciuta fra quelle progettate a Sarnico per i Faccanoni.
Con la palazzina milanese per i Galimberti (1908) e questa di Sarnico, Sommaruga raggiunge la sua più personale definizione di "palazzina" o, come di fatto era titolato il progetto originale, “villino per scapolo”. Posta sulla riva del lago è la villa più suggestiva. Progettata anch'essa come la villa Passeri nel 1907, è circondata da un bel parco romantico con un viale tortuoso.
Infatti qui, ancor più che nelle altre realizzazioni di Sommaruga, l’opera architettonica nasce insieme alla natura circostante, intimamente legata ad essa nelle sue forme principali e contemporaneamente imponendo al paesaggio una rivoluzione morfologica, con la creazione ex novo di una penisola antistante il fronte lago che permetta la disposizione longitudinale della villa e della facciata al lago nella direzione della massima prospettiva.
In quest'epoca veniva copiata nel giardino l'esperienza d'Oltremanica: era più un'immagine idilliaca che la pittura romantica andava delineando. La natura è così ritrovata e rivalutata in tutta la sua casualità e quando non sembra sufficientemente casuale viene "aiutata".
Le coeve esperienze anglosassoni rivestono un ruolo di guida e ispirazione condizionando l'evolversi dell'idea di giardino in tutta l'Europa del XIX secolo. Il paesaggio è ondulato ma senza brusche interruzioni, senza spigoli. Scompaiono gli assi di simmetria. I percorsi serpeggiano e sono evitati gli angoli retti. In fondo al giardino: un bel gazebo, luogo destinato alla contemplazione e al piacere estetico. A lato di questo, una volta separato da un muro a secco, era il frutteto modello e l’aranciera.
Questa villa, realizzata prima della villa "Surre", corrisponde meglio alla ricerca per un'architettura "vitale", o meglio "organica": non esistono quindi le tradizionali facciate, ma piuttosto punti di vista privilegiati che, sommandosi, invitano l'osservazione complessa e apparentemente inafferrabile nella sua totalità.
Il primo impatto: il cancello di ferro battuto del Mazzucotelli.
Vediamo il tema utilizzato dall'artigiano-artista anche nelle altre due cancellate delle ville Faccanoni in Sarnico e nella cancellata di Credaro: impressionanti sviluppi plastici (tipici nastri piatti a spirale che mettono in evidenza l'abilità tecnica dell'esecutore). Gli attacchi della cancellata con i bulloni messi in evidenza; l'aggancio al muro decisamente più complesso, organico, la mosca in bella evidenza richiama anche lo stile tipico di Sommaruga. Il fiocco e il nodo li ritroviamo anche nelle altre sue ville.
A sinistra, entrando, la scuderia adesso è la casa del custode.
Negli "Archivi del Liberty italiano" di Rossana Bossaglia, importante studiosa dell'Art Nouveau, la villa viene descritta come: "Edificio a due piani, con mansarde, terrazzo torre, bovindi; ingresso principale sull'angolo smussato prospiciente il lago. Rivestimenti in pietre diverse, con decorazioni in cotto, cementi figurati e ceramiche. Animatissima nella pianta, che sviluppa una serie di vani funzionalmente annodati senza corridoi di disimpegno e nell'alzato su vari livelli; curatissima nell'ideazione architettonica e nella realizzazione delle parti decorative, costituisce forse, fra quante opere di Sommaruga ci sono conservate, il suo capolavoro."

L’esterno

La villa è costituita dall'alto basamento in pietra il cui effetto di solidità è contraddetto dall'aprirsi delle scalinate, di finestre e balconi; due file a bassorilievo in cemento ideato dallo scultore, fedele collaboratore dell'architetto, Ernesto Bàzzaro, con motivi a fiori. Ceramiche colorate dai colori pastello con l'inserto dello stesso disegno floreale che unifica la zona centrale sovrastante. Logge e balconi, diverse per forma e dimensioni.
Interessante notare l'uso dei diversi tipi di materiali da costruzione: dal bugnato alla pietra di Sarnico, al medolo di Credaro trattato sia a taglio liscio che grezzo.
Il tetto infine, non è una semplice copertura, ma introduce un ulteriore elemento di variazione, interrotto dalle falde poste a livelli diversi, dai belvedere e dai grandi camini. Non mancano le citazioni fantasiose, come i due "rostri" che dall'alto si protendono verso il lago, o come il balconcino circolare d'angolo che ricorda le "cantorie" rinascimentali.
Questa grande villa segna, secondo Manfredi Nicoletti; "il fondo di una ricerca involuta, il cui narcisismo è accentuato proprio da quelle valenze che vorrebbero mascherarne la gratuità: i contrappunti volumetrici, le esasperazioni di un frammentarsi non necessario e quindi ipertrofico delle funzioni. Quest'opera tuttavia tenta delle evasioni non trascurabili, sintomo di una inquietudine autentica". Anche se Sommaruga ha voluto fornire del Modernismo una versione estremamente personalizzata, si possono vedere però le affinità non irrilevanti del francese H. Guimard, all'interno della sua produzione. le attinenze con il francese si vedono nella concezione pittoresca dell'architettura che si rivela soprattutto nell'adozione di tetti spioventi, intersecati fra loro, con gronde fortemente aggettanti, un uso di materiali di rivestimento (pietre, cemento) teso a trarre vistosi effetti luministici e cromatici o l'impiego di travature di legno di cui si vuole evidenziare il carattere rustico - montano.
Sommaruga non immaginava mai una disposizione planimetrica senza che questa corrispondesse ad uno scopo ben determinato. L'esterno era disciplinato con l'interno. Il rischio di un'operazione di questo genere è che manchi una complessiva organicità dell'opera. L'architetto riesce tuttavia a rompere gli schemi tradizionali della progettazione accademica e a raggiungere sorprendenti effetti di imprevedibilità. Si possono vedere un anomalo dosaggio di asimmetria dei vani - porte e finestre - variazioni di intensità luminosa e cromatica dovuta alla diversa profondità dei vani e degli aggetti: logge, balconi, pensiline, partiti decorativi e bow-windows, o all'impiego di materiali differenti. Si può solo intuire lo schema dell'affaccio successivo e si può alludere, ma non cogliere completamente la logica spaziale degli interni. Il Modernismo internazionale ha voluto creare nuove spazialità, che si può vedere anche nel Liberty italiano. Sommaruga ha saputo indubbiamente dar luogo a originali sequenze con l'impronta di italianità.
In questa villa Sommaruga fa uso del genere di montanti-contrafforti che già aveva usato anche nell'albergo Tre Croci di Campo dei Fiori e che anticipano il linguaggio di Sant'Elia. I montanti erigendosi verticalmente davano slancio ulteriore alla costruzione.
L'arredo e la decorazione della villa (stucchi e cementi plastici), costituiscono la cifra più siglata e inconfondibile del suo stile decorativo. Nella decorazione a stucco egli inventa lo stilema peculiare di uno stucco piatto lavorato ad intaglio, con curiosissimi effetti grafici, con effetti più contenuti negli interni di villa Passeri, trasferendolo anche all'uso di altri materiali per un impiego come quella in cotto della villa Luigi Faccanoni (1912).
La sensibilità al trattamento della materia, punto fra i più significanti della poetica sommarughiana, tocca il culmine dell'intensità espressiva in alcuni esempi di questi cementi plastici. La ripetizione di certi motivi, come la voluta, che progressivamente perde ogni allusione geometrica o fitomorfica per trasformarsi in un irregolare groppo materico, testimonia in Sommaruga la volontà di affermare, in una sigla sua e irripetibile, l’autonomia della sua ricerca.
Arata, aveva già ben intuito quando affermava che Sommaruga ripeteva certi suoi motivi "perché ne aveva fatto altrettanti postulati della sua personalità, perché erano creazioni essenzialmente sue e soprattutto perché prima di lui nessuno aveva fatto alcuna cosa simile”.
Anche nel giardino si ripetono motivi decorativi soprattutto zoomorfi, come le tartarughe ed aragoste che sostengono i grandi vasi dei gerani, o gli animali reali o immaginari che si affacciano dalla villa sul giardino: lumache, ma anche scimmie, lemuri a testimonianza del gusto per l’esotismo del periodo.
Oggi chi dalla grande cancellata ad esedra dell'ingresso percorre uno dei viali che scendono alla villa, costruita in modo che il passaggio lacustre divenga parte essenziale del suo interno, e poi oltre la villa nota il protendersi sinuoso del parco verso l'acqua, in una parte che in realtà è costruita su palafitte, può rendersi conto che l'invenzione fondamentale dell'architetto è stata quella ambientale. La fantasia formale e cromatica profusa all'esterno con l'uso di materiali diversi, che è parsa a qualcuno eccessiva e ad altri stimolanti, riceve significato da questa volontà non solo di confrontarsi con un paesaggio, ma in qualche modo di reinventarlo.
Questa volontà di progettare un continuum spaziale tra l’interno e l’esterno è testimoniata anche dal numero degli accessi (ben sette) che permettono di accedere alla villa da qualunque lato e dalla relativamente modesta imponenza dell’ingresso principale.

 

L'interno

Questa villa ha perso l’arredamento originale, di cui rimane solamente quello della stanza della nonna; con i lavori del 2015 sono state recuperate alcune plafoniere, le lampade esterne ed i bellissimi lampadari in ottone e ferro battuto che adornavano l’atrio, lo scalone ed i terrazzi sull’esterno.
La singolarità dell’interno e il reale stupefacente valenza architettonica della villa si rivela nella disposizione dei vani e dei punti di vista che riesce a creare, al suo interno, una continuità di spazi che si snodano a elle intorno all'atrio-vano-scala, avendo come perno e centro focale l'ampio locale che si apre ad angolo verso il giardino. Uno scalone a tre rampe ha un soffitto che si raccorda sinuosamente alle pareti e una ringhiera in ferro battuto del Mazzucotelli dove sono replicate, come in altri luoghi, le iniziali G.F. del committente. Lo scalone con la ringhiera in ferro è ricorrente nelle altre due ville; sempre in posizione centrale un'ampia vetrata con intelaiatura in ferro. Nel salone il camino, costituito dalla pietra di Sarnico e dei pezzi di marmo grigio scuro con dei motivi zoomorfi scolpiti nella pietra e con lavorazione del ferro del Mazzucotelli. Al primo piano è sapientemente distribuita una serie di camere con bagno ben proporzionate, provviste di balconi e di loggiati diversi per forme e prospettive in ciascuna camera. Ogni camera si affaccia al ballatoio del grande scalone ed è intercomunicante con le altre.
La stretta relazione tra l’architetto ed il committente è ben visibile dalla camera padronale, affacciata con tre grandi finestre sull’angolo a lago: la disposizione della terrazza e della porzione di giardino ricavata dal lago e finanche dalla visuale “per il lungo” del lago danno l’impressione di trovarsi sulla tolda di una nave o di una vela, vera passione di Giuseppe Faccanoni (testimoniata anche dal gancio porta vela situato sul soffitto della scala di servizio).
Sopra, un altro piano con camere di servizio più tradizionalmente disposte lungo un corridoio. Dal seminterrato si può scendere direttamente alla darsena. Attraverso i disegni pubblicati dal Monneret de Villard è possibile seguire l'evoluzione del progetto in alcune modifiche successivamente apportate: il primo schizzo, datato 27 agosto 1907, presenta una soluzione con torretta terrazzo e il coronamento dei due montanti che inquadrano l'ingresso principale risolto con due cupole schiacciate; nel secondo schizzo prospettico queste ultime vengono eliminate; nella versione definitiva, eliminata anche la torretta, rimane solo la soluzione del terrazzo. Quello che manca in maniera pressoché totale è un approfondimento sulla spazialità sommarughiana. Solo Arata accenna brevemente al problema.
Da alcune fotografie scattate all’epoca della costruzione, si può notare come alcuni particolari (come la forma delle finestre del seminterrato) vennero modificati già ad opera quasi ultimata. La villa si trova in buono stato di conservazione anche grazie ad una importante opera di restauro e manutenzione straordinaria portata avanti tra il 2013 ed il 2017 dall’omonimo nipote di Giuseppe Faccanoni. Attualmente è ancora di proprietà Faccanoni.

 

A cura di A. Vaini Sarnico, 1986
In "Faccanoni"di A. Giorni
Predore, 1995 In "Giuseppe Sommaruga" di E. Bairati/ D. Riva ed. Mazzotta,
Milano,1982